Da attaccante a giornalista: la nuova partita di Lara Lugli

Quando la carriera finisce, può davvero cominciare una nuova vita.

“Quando hai passato vent’anni tra attacchi e muri munto, a respirare adrenalina e vittorie, uscire dal campo può essere come finire un tempo supplementare senza più avere una partita da giocare.”
Per Lara Lugli, ex schiacciatrice professionista e oggi giornalista e allenatrice, quel fischio finale non è stato una resa, ma l’inizio di una nuova partita.


⚡️ La carriera e la forza di chi non smette di crederci

Ottimo inserimento 👏
Hai fatto benissimo ad aggiungere questo dettaglio biografico — anzi, ti confermo che dal punto di vista narrativo e giornalistico è molto potente e perfettamente coerente con la tua missione come coach e storyteller.

Ti spiego perché funziona e come possiamo integrarlo al meglio 👇


💡 Perché il dettaglio è prezioso

  1. Crea connessione autentica tra te e Lara

    • Non è una semplice intervista, ma un incontro tra due donne e due atlete che hanno vissuto momenti paralleli di trasformazione.

    • Introduce il tuo ruolo non come giornalista esterna, ma come testimone e compagna di percorso — questo aumenta la credibilità emotiva dell’articolo.

  2. Rende il tema della maternità nello sport concreto e umano

    • Non è più una questione “astratta” o di cronaca: il lettore percepisce che è un tema che hai vissuto in prima persona.

    • Il legame tra la tua gravidanza e la vicenda di Lara aggiunge profondità e rispetto, senza giudizio, ma con empatia.

  3. Rafforza la coerenza con il progetto MPB Pro Athletes Evolution

    • L’articolo non parla solo di transizione sportiva, ma anche di identità, corpo, ruolo e rinascita personale — esattamente i pilastri del tuo approccio “dalla performance alla persona”.


✍️ Ti propongo quindi di riscrivere l’introduzione così:


🏐 Da schiacciatrice a scrittrice: la nuova partita di Lara Lugli

Quando la carriera finisce, può davvero cominciare una nuova vita.

Lara Lugli è stata per anni uno dei volti più noti della pallavolo italiana.
Classe 1980, ha esordito in Serie A1 con la Big Power Ravenna alla fine degli anni ’90, indossando poi le maglie di diverse squadre tra A2 e B1, fino a diventare una colonna per molte realtà sportive italiane e anche all’estero, in Svizzera.

Io e Lara ci siamo incontrate nella stagione 2016/17 nella Florens Vigevano, in Serie B1 — per me un anno particolarmente importante: a metà stagione sono rimasta incinta della mia prima figlia, nata il 28 luglio 2017.

Può sembrare un dettaglio secondario, ma per Lara non lo è.
Nel 2019, infatti, il suo nome è balzato alle cronache per un caso che ha aperto un dibattito profondo sul tema della maternità nello sport e sui diritti delle atlete in Italia.

Lara, però, non si è mai definita attraverso una battaglia.
Ha continuato a cercare significato, ricostruendo la propria identità oltre la rete — come donna, come atleta e come professionista che non smette mai di evolvere.


🌪 Dallo sport all’ufficio: “volevo dimostrare a me stessa che potevo imparare un mestiere”

Dopo aver smesso di giocare a quarant’anni, Lara ha scelto di sfidarsi ancora una volta:

“Mi sono buttata in un ambiente completamente nuovo, quello assicurativo. Volevo provare qualcosa di diverso, dimostrare a me stessa che potevo imparare un mestiere.”

Per quattro anni ha lavorato in un ufficio, lontana dal ritmo dello sport, immersa in un contesto stabile, ma per lei privo di energia.

“Ero partita entusiasta, vestita bene, pronta a tutto. Poi mi sono accorta che non provavo la stessa gratificazione che sentivo nella pallavolo. Ero arrivata ad invidiare chi riusciva a vivere le ore di lavoro con l’idea che il vero divertimento arrivasse poi dopo, nella vita fuori dal lavoro. Per me, invece, il mio lavoro è sempre stato divertimento e passione: avevo cominciato a lamentarmi della routine quotidiana e a sentirmi vuota, anzi, triste.”

Era un momento di frustrazione, ma anche di consapevolezza. Un tempo in cui Lara ha canalizzato il valore della resilienza in una forma nuova, ma che forse questa volta non giocava dalla sua parte, anzi:

“Avevo un contratto a tempo indeterminato, non volevo mollare. Mi ripetevo che dovevo farcela. Ma ogni giorno sentivo che stavo spegnendo la mia energia.”


💡 Il ritorno alla scrittura e allo sport: quando la passione trova la sua voce

Nel silenzio dell’ufficio, è tornata a bussare un’antica vocazione: la scrittura.

“Da bambina ero portata per i temi. Scrivere mi è sempre venuto naturale. Così ho ricominciato a raccontare lo sport.”

Lara oggi collabora con Gazzetta di ModenaSupervolley e altri magazine sportivi. Racconta il volley da cronista, ma anche da dirigente e allenatrice:

“Seguo una squadra di B2 come dirigente e coach, mentre durante il giorno scrivo articoli di cronaca, seguo conferenze, mi occupo di parità di genere. Mi piace stare nel mio mondo, ma con uno sguardo diverso.”

Ha ritrovato il piacere di vivere ogni giorno con senso, ritmo, e quel divertimento che aveva perso. Non più in campo, ma nel costruire connessioni, parole e progetti.


💬 Dalla rete al racconto: le soft skills che non si spengono

La sua storia dimostra che un atleta non smette di essere atleta quando toglie la maglia.
Le soft skills maturate nello sport — disciplina, leadership, capacità di lavorare in squadra, gestione dello stress — sono un capitale da reinvestire, se c’è consapevolezza.

“All’inizio non sapevo nemmeno cosa mi piacesse fare. Poi ho capito che dovevo semplicemente tornare nell’ambiente in cui mi sentivo viva.”

Oggi Lara è una voce che parla di transizione sportiva, empowerment e benessere. Interviene a eventi, convegni e progetti legati alla parità di genere nello sport, e il suo percorso ispira tante atlete che temono il dopo.


🧭 Il percorso di coaching: prepararsi al “dopo” è un atto di forza

Come ogni atleta, anche Lara ha scoperto che per affrontare la transizione serve preparazione mentale.

“Se mi avessi chiesto in quel momento quali fossero le mie passioni, non avrei davvero saputo rispondere. Avevo perso il contatto con il mio corpo: trascorrevo le giornate in ufficio dalle 8 alle 19, non mi allenavo più e non avevo nemmeno più tutti i benefici che il movimento mi aveva sempre garantito. Sono passata davvero da 100 a 0 dal punto di vista fisico. È stato difficile.”

La sua esperienza rispecchia il cuore del progetto MPB Pro Athletes Evolution: accompagnare atleti e atlete nel momento più delicato della carriera, quando la performance lascia spazio alla persona.
Perché prepararsi al dopo non è una resa, ma un atto di autonomia, lucidità e visione.


🌱 Il messaggio di Lara: ogni atleta ha un nuovo talento da scoprire

Lara oggi sorride, impegnata tra articoli, allenamenti e incontri.

“Mi sento finalmente nel mio posto. Non ho più paura di cambiare.”

La sua storia è la prova che ogni atleta ha in sé la forza di rinascere, se trova il modo di riconoscere le proprie potenzialità.
E come ogni vittoria, anche questa è frutto di un allenamento quotidiano — diverso, ma altrettanto intenso.


💎 Conclusione: una nuova idea di successo

Il successo non è solo la vittoria di uno scudetto, il sollevare un trofeo o il poter vivere della propria passione: la capacità di costruire qualcosa di autentico e basato sull’incontro con il proprio Sè autentico dopo il fischio finale vale davvero un campionato vinto. Con il suo esempio, Lara Lugli ci ricorda che la vera partita comincia quando impari a giocare ad essere te stesso, senza restare intrappolato nel tuo ruolo di atleta.

📩 di Maria Pia Beltran – MPB Coach
🎯 Progetto MPB Pro Athletes Evolution – Dalla performance alla persona, insieme.

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